La Storia di Manlio Perrotta.

Curriculum Vitae di Manlio Perrotta, nato a Termoli il 24 dicembre 1902 e deceduto a Napoli il 26 agosto 1988.

 

STUDI

 

1919 - Diplomato all’Istituto Fisico Matematico Pietro Giannone di Foggia con Licenza d’Onore e medaglia d’oro.

1925 – Laureato in Ingegneria Elettrotecnica con votazione 100/100 alla Regia Scuola d’Ingegneria di Torino.

1927 – Laureato in Ingegneria Navale e Meccanica con votazione 100/100 alla Regia Scuola d’Ingegneria Navale di Genova.

 

CARRIERA MILITARE

 

Entrato in Marina col grado di Tenente del Genio Navale l’

1 febbraio 1926. Promosso Capitano del Genio Navale il 27 novembre 1929. Promosso Maggiore del Genio Navale il 24 gennaio 1939. Congedato dalla Marina il 31 marzo 1939.

 

IMBARCHI E DESTINAZIONI

 

Sommergibile Domenico Millelire dal 1928 al 1934. Durante tale imbarco ha partecipato nel 1933 alla Crociera Atlantica del Decennale.

Destinato a Trieste all’Ufficio Tecnico del Genio Navale (Navalgenio) dal settembre 1934 fino al congedo nel marzo 1939.

 

CARRIERA CIVILE

 

Assunto alla Navalmeccanica come Direttore del Cantiere Vigliena l’1 aprile 1939.

Nominato Direttore del Cantiere Navale di Castellammare di Stabia nel 1941.

Nominato Direttore Generale della Navalmeccanica (che comprendeva oltre al Cantiere di Castellammare anche la Società Bacini e Scali e le Officine Meccaniche e Fonderie di Napoli) nel 1957.

Nominato Amministratore Delegato della Navalmeccanica nel 1960, carica che ha detenuto fino al pensionamento per raggiunti limiti di età il 30 aprile 1968.

 

ONOREFICENZE

 

Nel 1957 gli è stata conferita l’onoreficenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana.

 

Nel Marzo e fino ad Ottobre del 1933 il Millelire viene impiegato in Atlantico settentrionale in appoggio alla Crociera area del Decennale di Italo Balbo.

Il Millelire funge da radiofaro, stazione radiogoniometrica e centro di comunicazione, effettua osservazioni meteorologiche e comunica le condizioni meteo agli aerei di Balbo, attraversando tutto l’Atlantico ed arrivando negli Stati Uniti. Dato che la missione deve svolgersi in acque burrascose, nebbiose e disseminate di blocchi di ghiaccio alla deriva, lo Stato Maggiore della Marina ha ritenuto inadatti a tale compito gli incrociatori leggeri ed i cacciatorpediniere, troppo “delicati” e con autonomia relativamente ridotta; si sono invece scelti i due sommergibili della classe Balilla in ragione della loro grande autonomia, della loro robustezza e delle loro qualità marine. L’impiego dei due battelli nel Nord Atlantico è anche visto dai vertici della Marina come un’ottima occasione per verificare il comportamento dei sommergibili e degli equipaggi in condizioni meteomarine estreme, e fare così esperienze che potranno tornare utili in caso di impiego bellico. Oltre alla funzione di supporto ai velivoli impegnati nella trasvolata, la crociera del Millelire e del Balilla permette anche di testare le qualità oceaniche della classe Balilla, con risultati che vengono giudicati positivi. A Chicago, Millelire e Balilla vengono visitati con grande interesse da Italo Balbo, che rivolge poi un discorso di saluto agli equipaggi, salutando infine uno per uno tutti gli ufficiali e marinai al termine dell’adunata.

1° maggio 1933

Millelire, Balilla, Biglieri e Matteucci arrivano a Boston.

22 agosto 1933
Il Millelire, che si trova ancora in America, visita New York. È il primo sommergibile straniero a visitare la grande città statunitense dalla fine della prima guerra mondiale.

28 settembre 1933

Al loro ritorno dalla missione di appoggio della crociera aerea, Millelire, Balilla, Biglieri e Matteucci vengono visitati a Civitavecchia da Benito Mussolini e dal Ministro della Marina, ammiraglio Giuseppe Sirianni.

Complessivamente, il Millelire ha percorso 15.000 miglia per la missione di appoggio alla trasvolata atlantica, toccando Madera, le Bermuda e tutti i principali porti della costa atlantica del Canada e degli Stati Uniti. La missione, particolarmente impegnativa per la lunga durata e per le difficoltà nautiche e meteomarine trovate, e sempre superate, e l’efficiente assistenza data agli aerei (soprattutto per quanto concerne i collegamenti radio) vale un elogio ai comandanti del Millelire e delle altre unità impegnate.

Nave ROMA modello costruito dal socio Raffaele Bassani

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Modello di Nave ROMA costruita in 28 mesi dal socio ANMI gruppo di Termoli Raffaele Bassani, scala 1 a 20, tempo di costruzione 28 mesi, materiali vari ( legno, balsa particolari in metallo ).

Cenni storici: Nave ROMA classe Littorio, 35.000 tonnellate di stazza, propulsione con 4 turbine a vapore alimentate da 8 caldaie con una potenza massima di 130/140 mila cavalli vapore, una velocità di crociera di 31 nodi, armamento prinipale 9 cannoni da 381/50 mm, armamento secondario 12 cannoni da 152 mm, 12 cannoni da 90/50 mm, 4 cannoni da 120/40 mm per tiro illuminante.

Costruita nei Cantieri Riuniti Adriatico e consegnata alla Regia Marina il 14 Giugno 1942.

Alla rada all'isola della Maddalena nell'Agosto del 1943, viene attaccata dai bombardieri tedeschi che servendosi delle bombe radioguidate plananti la affondarono.

Il 28 Giugno 2012 il relitto della corazzata ROMA è stato rinvenuto nel golfo dell'Asinara dopo decenni di ricerche.

Si ringrazia il socio Raffaele Bassani per la gentile concessione alla pubblicazione del suo modello.

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Il Tenete di Vascello Ruggero Frezza e l'ammutinamento del M.A.S. 433

Ricerca del Socio Raffaele Bassani.

Storia dei fatti accaduti in Adriatico il 19 Novembre 1943.

 

Nei mesi successivi alla firma dell'armistizio di Cassibile nel Settembre del 43, la Regia Marina dirama l'ordine di dirigersi a sud e consegnarsi agli alleati.

Il M.A.S. È di base in Dalmazia, sotto il controllo tedesco ma resta sotto il comando del T.V. Frezza, che aderì alla Marina della Repubblica di Salò.

Il 19 Novembre il Comandante Frezza riceve l'ordine di trasferirsi a Venezia ed aggregarsi alla X Flottiglia M.A.S.

Durante il trasferimento, un membro dell'equipaggio si ammutina, spara e ferisce gravemente il Comandante e dirige il M.A.S. A sud, verso Termoli già in mano degli Inglesi di Montgomery.

Dopo ore di viaggio, verso le 17 e 30, approdano nel porto di Termoli, ma il Comandante Frezza vi giunge cadavere, La salma viene sbarcata, caricata su un autocarro e portata nel cimitero locale per essere tumulata.

Un giovane testimone di Termoli, Ottavio Marinucci, allora tredicenne, che si trovata vicino al trabucco del padre sul molo sud del porto di Termoli, ricorda di aver visto arrivare il M.A.S. scaricare la salma del T.V. Frezza, oramai esanime, con profonde ferite alla testa.

Il certificato di morte del Comune di Termoli afferma che : ”il giorno 19 Novembre 1943, alle ore 5 e 45, per colpi di fucile mitragliatore alla testa sul M.A.S. 433 in navigazione, è morto Frezza Ruggero di anni trentasei, tenente di vascello...”.

Secondo le poche informazioni raccolte all'epoca, nel trasferimento senza scorta tedesca,il segnalatore che stava al timone, durante la navigazione verso Venezia, dopo aver avvertito l'equipaggio, dirige la prua del M.A.S. a sud, il Comandante Frezza, accortosi del cambio di rotta, interviene e da lì inizia la tragedia. Il segnalatore tenta di persuadere il Comandante Frezza a raggiungere un porto a sud ma, al suo rifiuto seguito dall'atto di imporsi con le armi, il marinaio segnalatore, ammutinatosi, per risposta agli ordini del Comandante, che intimava armato di dirigersi a Venezia, spara e fredda il suo Comandante. L'equipaggio tiene un atteggiamento “non partecipe”a parte un altro membro collaborativo all'ammutinato, probabilmente per paura e forse contenti di dirigersi e fuggire a sud.

Il feretro viene preso in consegna dal Comandante Britannico di piazza che rendeva gli onori militari al T.V. Frezza Ruggero prima di tumularlo nel cimitero di Termoli.

L'equipaggio viene fatto sbarcare e preso in consegna dalla Military Police inglese e consegnato in caserma in attesa d'accertamenti.

Con lettera del Comando della I^ Flottiglia M.A.S. datata 7 Dicembre 1943, firmata dal Comandante C.F. Giorgio Manuti, si ordina che il 1° Segnalatore Cherchi Antonio, sia messo a disposizione del deposito equipaggi (Maridepo) di Taranto ed il resto venga dato in forza al Comando delle forze antisommergibili (Mariantisom) di Brindisi.

Il Ministro della Marina ordina di aprire una esauriente inchiesta sull'accaduto, sui fatti e le circostanze relative al M.A.S. 433 giunto a Termoli e vengono nominati gli ufficiali che coadiuvano l'Amm. Nomis nell'inchiesta.

Nessun membro dell'equipaggio sarà denunciato, arrestato o condannato, ufficialmente si ignora perfino il nome dell'assassino o degli assassini del T.V. Frezza.

Nei registri dei deceduti della Regia Marina viene apposta una semplice annotazione che conferma la morte dell'ufficiale.

Ma nelle carte rimaste segrete fino a poco tempo fa, il Cherchi fu processato, ma il Tribunale Militare Territoriale di Guerra di Taranto, dichiarò il non doversi procedere contro di lui in ordine al reato di insubordinazione con violenza verso un superiore ufficiale, non essendo punibile per aver agito nell'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica ( ordine di consegnarsi agli alleati).

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Un'ardita giovinetta " Giulia Campolieti ".

Ricerca effettuata dal socio A.N.M.I. Bassani Raffaele

 

Episodio tratto dal libro " Cenni storici sulla città di Termoli " di Giulio D'Andrea

 

Un'ardita giovinetta : Giulia Campolieti

"Donne, da voi non poco la Patria aspetta"  G. Leopardi

Il mare tranquillo e placido lambisce le formose membra di giovinette al bagno. Ecco un vocio, un grido di aiuto; angoscia e spavento di attesa mettono a soqquadro quell'allegra adunata. E' una giovanetta che contrasta al mare il diritto di uccidere; ne ha ragione e torna alla sponda carica di due creature designate alla morte!

Quando quel fiore gentile fu poi reciso, a sua volta, nel suo vergine e giovine stelo e la scienza fù impotente a strapparla al destino, la medaglia al valore, posata al suo petto, pareva sfidare la morte che l'aveva srpresa in una lotta, in cui il coraggio non ha altro valore che quello di farla rivivere nella umanità.

La Campolieti, tali virtù delle donne della mia regione, eredi delle civiltà etrusca e sannita (Dottor Cannarsa).

Mentre alcune giovanette popolane prendevano bagno presso l'arsenale marittimo di Ancona, fra cui una certa Emma Battacoli e Carolina Bordini, le due ragazze, spingendosi un pò avanti nell'acqua, furono da questa sollevate e portate dove non toccavano più fondo.

Inesperte al nuoto, mandarono grida disperate; ma niuna delle compagne seppe arrischiarsi a soccorrerle, e le due ragazze sarebbero certo perite, se una leggiadra giovinetta di Termoli, la diciottenne Giulia Campolieti, che da poco era uscita dal bagno, non si fosse prontamente svestita e slanciata a soccorrerle ed a trarle dall'acqua.

E' impossibile dire la commzione di tutti gli astanti, che fecero mille feste all'eroina; essa se ne mostrò meravigliata, dicendo di " non aver fatto altro che il puro suo dovere! "

Notisi che in quel punto l'acqua è profonda e che la situazione era pericolosissima, in quante che le due naufraghe, spaventate, le impacciavano i movimenti.

Infatti una le si attaccò alla camicia e l'altra dovè trascinare per un braccio; sicchè a lei non rimase che il sol braccio destro per poter giungere alla riva col peantissimo fardello.

La generosa salvatrice rimase per quel giorno sconosciuta, nè le due popolane riuscirono per allora a scoprire a chi dovessero la propria salvezza.

Ma, per quanto ella cercasse di conservare l'incognito, ( il che fa molto onore alla sua modestia ), si venne il giorno dopo a sapere il nome della coraggiosa salvatrice.

La Capitaneria del porto di Ancona proponeva al Ministro della Marina il nome di lei, per la ricompensa al valor marino.

Difatti, dopo non meno di un anno, S. M. il Re segnava il Decreto, col quale " veniva conferita la medaglia d'argento al valor di marina a Giulia Campolieti, giovanetta di anni 18, da Termoli, per soccorsi prestati a due giovani popolane, in procinto di annegare sulla spaggia dell'arsenale di Ancona ".

E nell'aula maggiore della Scuola Normale di Pavia, dove Giulia era studentessa insieme con le sorelle Gemma e Berenice, quest'ultima decorata anch'essa dal Ministero dell P. I. di medaglia per lodevole insegnamento, giusta le disposizioni impartite dal Prefetto, fu consegnato il premio alla brava Campolieti.

Erano presenti alla cerimonia le signore Ispettrici Anelli e Forni, gl'insegnanti e le allieve della classi normali.

Dopo che il Direttore dell'Istituto ebbe con brevi parole riferito l'atto di coraggio della Signorina Campolieti, facendolo seguire dalle opportune considerazioni, perchè leallieve sapessero ben apprezzarlo, la Signorina Clotilde Malfatani, insegnante di storia, disse molto saggiamente le lodi della premiata.

Ciò fatto, le signore Ispettrici consegnavano la medaglia, insieme col relativo decreto, alla brava salvatrice, la quale pronunziò sentite parole di ringraziamento.

E anche noi plaudiamo, con tutta l'anima, a questa giovane coraggiosa, e tributiamo lodi al R. Governo che seppe adeguatamente riconoscere e premiarne il valore!.

Nata a Termoli il 4 Marzo 1867, ella è figlia di Gennaro Campolieti, che, insieme col germano Tommaso, sfidavano la morte nel 48-49 sugli spalti di Venezia, sino alla resa dell'ultimo bastione, e poi scontavano la nobile audacia con cinque anni di carcere duro nel bagno penale di Brindisi.

Sono meriti questi che dal padre si riverberano sui figli e specialmente sulla Giulia, che dimostrò col fatto che nelle sue vene scorreva il sangue dei generosi.

La Giulia, degna consanguinea di questi eroi, accoppiava alla bellezza miliebre un coraggio virile, emulando il nobile esempio dell'antenata, Maria Concetta Brigida, madre dei fratelli Brigida.

Morì in Termoli il 17 Agosto 1887.

" Da chiuso morbo combattuta e vinta, perivi, o tenerella.

E non vedevi il fior degli anni tuoi;

Non ti molceva il core,

La dolce lode de le negre chiome,

Or degli sguardi innamorati e schivi."

 

 

 

Il marinaio che salvò i macchinisti del Lecce Milano

Termoli 28 Febbraio 1955Il bravo marinaio, autore dell'eroico salvataggio del macchinista del direttissimo 450 che ha deragliato domenica notte dopo Ortona, gettandosi in mare, e raggiungendo la locomotiva andata per un cento metri in mare, dalla quale ha salvato, assieme ad un'altro marinaio, nativo dell'Aquila, il macchinista ed il fuochista, è statodal nostro corrispondente di Termoli rintracciato. Egli è il marinaio di leva Casolino Michele di Mercurio, di anni 22, nativo di Termoli (Campobasso) ed in forza presso il distaccamento di Marina di Roma, dove rientrava appunto col direttissimo 450 dopo una licenza. E' un ragazzo bruno, di media statura, che ha raccontato ancora eccitato l'avventura di cui è stato protagonista e con tanta modestia, come se il gesto eroico fosse stata la cosa più naturale di questo mondo, incurante dei suoi 22 anni che non aveva esitato a rischiare in un mare burrascoso e sotto il diluviare del temporale, dopo le prime emozioni brusche e terribiliricevute, appena ha intuito che il suo vagone, il primo subito dopo la locomotiva, sobbalzava sulle traverse, dopo un violento scossone, per un cento metri rovesciandosi di sbieco sul terreno franoso improvvisamente scosceso e determinando la definitiva fermata del convoglio già prontamente frenato dal macchinista Osvaldo De Fanis, anch'egli oriundo da Termoli.Gettandosi dal vagone raggiungeva col capotreno la testata del treno, ma con sorpresa non vi vedevado la macchina, che avvistavano per un cento metri infilata in mare con la testa verso Nord.Intuito il pericolo in cui giaceva il personale di macchina, il marinaio si gettava nel mare agitatissimo assieme ad un collega proveninte da Taranto e che andava in licenza a l'Aquila, raggiungevano la locomotiva e tiravano in salvamento il macchinista De Fanis ed il fuochista Leonardo Brenta.

A colloquio con il valoroso marinaio del direttissimo Lecce - Milano

Solo più tardi il marò Michele Casolino si convinse che aveva compiuto un pò più del suo dovere - La frana dalla collina e la locomotiva precipitata in mare - Salvataggio tra gli scogliLa mattina di domenica 26 Febbraio 1955 il marinaio Michele Casolino non si presentò al distaccamento della Marina in Roma, di ritorno dalla licenza trascorsa a Termoli Imerese (n.d.r. errore del giornalista che equivocò con Termini Imerese in sicilia) in quel di Campobasso. ma prima ancora che il suo insolito ritardo fosse notato, giunsero, come ogni mattina, nella bella caserma " Grazioli Lante" i giornali domenicali con le ampie cronache in quei giorni di moda sulle prime pagine; neve, strade bloccate, frane, allagamenti, ecc.Era appunto sui titoli di una di queste cronache che si parlava del valoroso marinaio Michele Casolino in servizio al Ministero Difesa-Marina che in piena notte, sotto una bufera di acqua e vento, si era gettato in mare dalla scarpate ferroviaria dopo la galleria di Ortona per trarre in salvo il macchinista ed il fuochista della locomotiva del direttissimo Lecce-Milano investita da una frana e precipitata in mare proprio nel tratto tra Ortona e Pescara.Per due giorni del marinaio Casolino nessuna notizia al distaccamento di Roma dove molti lo attendevano, dopo tanto rumore di stampa, una telefonata euforica di Michele Casolino dalla stazione Termini per preannunciare il ritorno trionfale in caserma.Invece è arrivato alla chetichella tre giorni dopo, presentando al sottufficiale all'ingresso un certificato del sanitario del suo paese che dopo quel pò pò di sfacchinata e di bagno in mare in piena notte di bufera, gli aveva ordinato due giorni di riposo.Il marò Casolino Michele di 23 anni, figlio di marinaio e primogenito di 6 figli, è un timido e mite ragazzo che arrissisce davanti all'obiettivo del fotografo.Nel circolo del distaccamento lo abbiamo pregato di raccontarci la scena di quella notte, dopo le versioni drammatiche che la stampa ne ha fornito.E altro se si tratto di dramma! un miracolo anzi se il dramma non diventò tragedia in quell'inferno di acqua e di terra che rotolò dalla collina sulla linea ferrata! Accade - sentiamo l'ottimo Casolino che sembra rivivere quei momenti angosciosi - accadde alle 23,40 della notte tra il 25 ed il 26 Febbraio, pioveva a dirotto da molte ore.Egli, il marò Casolino, era salito sul direttissimo dal quale sarebbe sceso a Pescara per prendere il primo treno per Roma e rientrare puntuale dalla licenza.Al termine della seconda galleria dopo la stazione di Ortona, il convoglio sembrava procedere proprio nel mare in tempesta, tra la furia delle onde che due metri più sotto la scarpate arrivavano fino ai binari e il torrente fangoso che sulla destra precipitava dalla collina alta una ventina di metri sui binari.Il nostro marinaio era sulla prima vettura dopo la locomotiva e il tender.Uno schianto, uno sferragliare cupo nella notte, u sobbalzar improvviso " come quando si và in bicicletta sui selciato sconnessi "; e poi ancora e soltanto la furia delle onde e della pioggia.Il marò d'un balzo fu allo sportello e si trovò per primo sulla scarpata, subito seguito dal capotreno il quale correndo avanti verso la locomotiva, gettò un urlo di terrore : " La macchina in mare". Era infatti accaduto che la grossa frana, staccatasi proprio all'arrivo del treno, aveva investito in pieno la macchina, facendola deragliare e spingendola nelle sottostanti onde. La prima vettura si era miracolosamente sganciata dal " tender " quando era già uscita dai binari spingendosi verso il mare.Solo che la frana avesse investito il centro del lungo convoglio, le conseguenze sarebbero state terrificanti per i settecento passeggeri che, si calcola, si trovavano nelle sei vetture.Il convoglio si era arrestato dopo qualche decina di metri si che la macchina si trovava ora tra le onde quasi alla metà del convoglio.Da laggiù intanto, dal nero infuriare del mare, giunsero all'orecchio del marò le grida di soccorso del macchinista e del fuochista.Scese a precipizio la scarpata, si trovò in mare, arrancò tra gli scogli, raggiunse i corpi dei due, immobili sopra le onde, aggrappati agli scogli.Altri scesero in mare accanto a lui, si caricarono i corpi dei due che furono adagiati in un vagone di prima classe.Era il macchinista il ferito più grave con un piede penzoloni.Accanto al marinaio Casolino accorse anche un'altro marinaio, il sottocapo Romeo Pacitti in servizio sul cacciatorpediniere " Grecale " che proveniva da Taranto ed era diretto all'Aquila.Con il cordone dell'uniforme e le cinghie, i due cercarono arginare la forte emorragia della gamba dello sventurato, e portare la prima assistenza ai due feriti.Un medico di Bari, tra i viaggiatdori, recò ai due infortunati le prime cure. In un sedile di prima classe, egli recise al disgraziato macchinista, i tenui lembi di carne e di pelle che ancora congiungevano il piede alla gamba.Poco più tardi, un carrello inviato a tutta velocità raggiungeva il luogo dell'incidente.I passeggeri intanto si erano calmati dopo il panico determinato dal brusco arresto del convoglio e dallo spettacolo della locomotiva in mare. Con le vetture di coda rimaste sulla linea, due ore più tardi i passeggeri ritornavano ad Ortona.E fu qui, alla stazione di Ortona, che il nostro Casolino, al quale qualcuno all'arrivo aveva con insistenza chiesto nome e cognome, dopo le sue reticenze della notte prima dopo il salvamento, si senti chiamare a gran voce da un carabiniere. Usci dalla sala d'aspetto e con sorpresa si trovò dinanzi ad un signore che si presentò come Prefetto di Chieti il quale teneva per primo a compiacersi con lui per il suo coraggio e la sua abnegazione.Fù cosi, che il bravo e modesto marò Casolino seppe che aveva compiuto qualcosa di insolito. Un qualcosa che oggi gli procura l'affetto e l'ammirazione dei duoi superiori e dei compagni d'arme che lo considerano un marinaio veramente degno della gloriosa uniforme dal solino bleu.Firmato Efel